Pubblicato il 2 Agosto 2022

La pandemia ha tracciato un solco tra un “prima” e un “dopo”, uno spartiacque a dir poco drammatico tra un mondo che pensavamo di controllare e un mondo dal profilo incerto.


Siamo stati chiamati a riflettere su ciò che è stato, sulle cause di quanto stiamo vivendo, sulle conseguenze sociali, economiche, politiche; siamo stati chiamati a porci domande sul futuro che ci attende. Un minuscolo virus ci ha neutralizzati e facciamo fatica a essere resilienti, a resistere e reagire. La discontinuità causata dalla pandemia ha imposto a chi si occupa di descrivere e analizzare il territorio e le sue dinamiche di cambiare i paradigmi di analisi e rivedere i modelli e le stime utilizzati fino al 2019. In particolare, a oggi è necessario trovare dei driver in grado di intercettare le nuove abitudini e la cristallizzazione delle nuove logiche di fruizione del territorio.


 


Nuovi modelli per nuovi italiani


I modelli e i dati socioeconomici e demografici utilizzati in passato mostrano il fianco quando si tratta di provare a fotografare la nuova Italia e soprattutto i nuovi italiani. Con l’evoluzione del modello di lavoro attraverso l’introduzione dell’Hybrid work, non è più vero, ad esempio, che le seconde case sono utilizzate solo nei fine settimana o che è più comodo avere il conto corrente nella filiale in prossimità dell’ufficio, così come non è più vero che gli italiani sono disposti a percorrere 10 km per andare a fare la spesa nel loro centro commerciale preferito. Da un’analisi puntuale del traffico dei maggiori centri commerciali dell’area metropolitana di Milano emerge come in 12 mesi fosse evoluto il profilo del transito all’interno delle aree, composto per la maggior parte da persone che abitano nelle aree limitrofe vedendo una diminuzione drastica del flusso generato da aree esterne. Il ritorno alla normalità ci lascia in dote un nuovo modo di vivere il territorio, contraddistinto da una minore propensione allo spostamento, Modelli e dati socioeconomici e demografici utilizzati pre pandemia non sono più validi per fotografare la nuova Italia e soprattutto i nuovi italiani. Oggi, grazie all’analisi dei dati JAKALA, territori, amministrazioni pubbliche e operatori finanziari, hanno a disposizione informazioni strategiche per soddisfare i nuovi bisogni di cittadini e consumatori. L’accelerazione imposta è stata così repentina che solo le aziende più dinamiche sono riuscite a tenere il passo, maturando il vantaggio competitivo di poter offrire servizi nei tempi e nei luoghi dove si sono trovate a operare. Chi ha saputo cogliere in anticipo le nuove abitudini ha modificato gli orari di apertura dei negozi, potenziato i canali di interazione online, sia in termini di comunicazione che di vendita e adattato l’offerta ai nuovi comportamenti. A questo si aggiunge la maggiore propensione da parte dei consumatori di fruire di servizi sempre più vicino alla propria abitazione, ne è un esempio chiave il crescente successo dei market di prossimità a discapito delle grandi superfici localizzate fuori dai centri urbani.


 


Smart working e richiesta di connettività


Una diretta conseguenza del fatto che le persone passano più tempo a casa rispetto al 2019 la troviamo nella crescente domanda di connettività non solo nelle grandi città, dove si è osservata un’impennata nella richiesta di connettività a banda larga, ma anche nei piccoli borghi dove la richiesta di connettività si accompagna a una modalità di fruizione delle case vacanze anche come ambienti di lavoro infrasettimanali con la conseguente fruizione dei servizi non solo durante il week end. Questi nuovi lavoratori esprimono quindi la necessità di servizi in modalità lavoro in luoghi dove di solito fruivano di servizi simili ma in modalità tempo libero. Se puntiamo la lente di ingrandimento sulle città possiamo notare che stanno cambiando faccia, così come i luoghi di villeggiatura, smart working e remote working non sono più l’eccezione ma il nuovo modo di concepire il lavoro. Se non è più possibile utilizzare le metodologie classiche di analisi per indagare il comportamento dei consumatori, quali sono quindi i nuovi strumenti necessari per prendere decisioni e definire strategie per il prossimo futuro? Fortunatamente la tecnologia e in particolare la capacità di estrapolare modelli comportamentali da grosse moli di dati quali, ad esempio, le presenze rilevate tramite celle telefoniche o app, unite alle variabili socioeconomiche e comportamentali hanno permesso di tracciare l’identikit del nuovo cittadino.


 


Analisi di due metropoli


Analizzando la città di Milano, ad esempio, ci accorgiamo che i chilometri percorsi da una persona per fare la spesa si sono quasi dimezzati su base mensile e che il profilo dei frequentatori dei supermercati sono molto più simili a quello dei residenti rispetto al 2019, quando una maggiore propensione alla mobilità evidenziava come il profilo dei frequentatori diurni fosse molto diverso da quello dei residenti. L’evoluzione delle abitudini sta portando quindi alla riscoperta, soprattutto nelle grandi città, dei servizi di prossimità, siano essi ristoranti, filiali di banca o negozi di abbigliamento. La cristallizzazione dello smart working inoltre ha cambiato anche gli orari nei quali le persone fruiscono dei servizi di prossimità. Le grandi catene di abbigliamento evidenziano una maggior omogeneità nella distribuzione delle presenze, con una maggiore concentrazione infrasettimanale nei negozi di prossimità e minori volumi nelle grandi superfici durante il week end. Spostando la nostra attenzione su Roma osserviamo comportamenti simili anche se non identici. Confrontando le due metropoli ci accorgiamo infatti che la morfologia del territorio influisce sulle abitudini e ne determina una localizzazione di adozione. Milano è una città piccola e dalla forma circolare dove le dinamiche erano, prima della pandemia, prevalentemente centripete con un movimento dalla periferia verso il centro per lavorare, svagarsi o fruire dei servizi con un’attitudine a muoversi verso le grandi superfici durante il fine settimana. La morfologia, ma soprattutto le dimensioni di Roma la rendono da sempre una città policentrica, caratterizzata dalle lunghe distanze e dagli ancor più lunghi tempi di spostamento necessari per andare a lavorare o per fruire di qualsiasi servizio. Lo smart working ha permesso ai romani di riscoprire la propria città riappropriandosi del proprio tempo. A Roma assistiamo quindi a due fenomeni distinti, la sempre maggior polarizzazione dei municipi che si comportano come dei veri e propri paesi e la desertificazione del centro storico che costringe gli abitanti a spostarsi a causa dei molti locali e negozi chiusi a causa della pandemia. Andando a misurare le distanze percorse dai romani nel 2021 e confrontandole con quelle rilevate nel 2019 ci si accorge che anche in questo caso si è assistito a una diminuzione dei chilometri percorsi, soprattutto nei quartieri al di là del grande raccordo anulare. La condizione ideale però è quella che vede contemporaneamente il tessuto dei servizi già parzialmente sviluppato ed è in grado quindi di innescare il rinascimento del quartiere, dove i servizi sono assenti per forza di cose anche l’impatto dello smart working sulla diminuita mobilità è inferiore. La possibilità di lavorare a distanza restituisce, in città molto trafficate, almeno un’ora al giorno che può essere utilizzata per attività in prossimità della propria abitazione quali, ad esempio, la spesa o lo shopping che quindi anche i romani si aspettano di trovare sempre più vicino a casa.


 


Tecnologia e servizi finanziari


In conclusione, si può affermare che molto difficilmente si ritornerà alle abitudini pre-pandemia e che quindi per le aziende è necessario adattare la propria offerta a quella che si sta concretizzando come la nuova normalità. La possibilità di lavorare a distanza restituisce, in città molto trafficate, almeno un’ora al giorno che può essere utilizzata per attività vicine alla propria abitazione. Se spostiamo la lente di ingrandimento nello specifico ambito dei financial service emerge chiaramente come l’utilizzo massivo e pervasivo della tecnologia abbia anche in questo contesto consentito di abbattere muri e confini in maniera unica, aprendo un nuovo scenario strategico per gli operatori utile a gestire una nuova relazione con i loro clienti.


Questo ha portato a un’evoluzione nel pensiero nelle reazioni e nell’approccio dei consumatori nei confronti della propria privacy. In una ricerca condotta da JAKALA su base semestrale, nella quale viene interrogata una quota della popolazione nazionale, sul proprio approccio nei confronti della tecnologia e della sua applicazione è stata rilevato un cambio netto del comportamento in soli 12 mesi. Se infatti a gennaio 2020 la maggior parte del campione interrogato si confermava ritroso a condividere i propri dati con organizzazioni private e terze se non a fronte della conoscenza specifica dell’uso, a distanza di 12 mesi lo scenario si era completamente ribaltato andando a vedere una netta maggioranza del cluster (70% del campione) propenso a condividere le proprie informazioni a fronte di un beneficio tangibile che ne possa derivare in futuro nell’interazione con lo specifico brand. Questa accelerazione nel cambio di prospettiva è stata sicuramente dettata da quello che tutti noi abbiamo dovuto vivere e che ci ha portato a comprendere consapevolmente come l’incrocio di due dimensioni, il digitale applicato al luogo in cui siamo, possa tradursi in un valore aggiunto per la nostra quotidianità.


 


Banche e conoscenza della clientela


Gli istituti finanziari si trovano a operare in un contesto nuovo. Se nello scorso biennio è stato rilevato il più alto tasso di conversione di adozione dei canali digitali delle banche come mezzo di contatto/interazione (+30% yoy) è al contempo vero che si è assistito a un fenomeno di ritorno al territorio, riscoprendo un legame molto più forte di prima con i luoghi in cui viviamo. Al contempo l’accelerazione della conoscenza dei clienti prevista dalla penetrazione dell’open banking ha visto una curva di adozione molto bassa, imponendo alle banche di ridisegnare la propria strategia analitica alla base del miglioramento della propria conoscenza della customer base. I dati sono divenuti l’abilitatore di una trasformazione sostanziale delle banche che hanno evoluto il loro approccio nei confronti dei consumatori e della loro segmentazione. Ora però siamo a un punto di volta. Da una logica inside-out basata sulla attribuzione di un cliente a uno specifico segmento sulla base dei prodotti posseduti all’interno del portafoglio bancario si ha la possibilità di passare a una logica outside-in, dove l’obiettivo primario è quello di mettere a fuoco l’immagine del cliente finanziario per capirne i bisogni, desideri e caratteristiche e servirlo meglio e in modo più contestuale, senza focalizzarsi su quello che è lo storico all’interno della banca, ma andando a cercare fuori insight che consentano di essere distintivi e coerenti nella proposition. Questo è concretamente possibile da un allargamento delle fonti di arricchimento che contribuiscono a creare il profilo del cliente sul quale costruire la strategia di sviluppo della propria customer base. In questo contesto gioca un ruolo fondamentale la geografia. Quello che solo cinque anni fa si pensava fosse una dimensione ormai sorpassata oggi, diventa fattore abilitante per la costruzione di una strategia distintiva delle banche nei confronti dei loro clienti. Il luogo come elemento abilitante di esperienze rilevanti non solo fisiche. Le coordinate non sono più solamente dei luoghi, ma un asset fondamentale da poter integrare al patrimonio di informazioni che hanno a disposizione nei loro database. Integrando questa dimensione alle fonti informative tradizionali riescono a evolvere il paradigma della conoscenza potendone trarre dei modelli di ingaggio che siano effettivamente rilevanti per i loro clienti. Questo mix innovativo consente di poter lavorare sul ciclo di vita del cliente in maniera dinamica non solo basandosi sui prodotti posseduti, ma anche su come vive il territorio e la sua quotidianità. Questo si traduce in una possibilità unica di trasformazione dell’ingaggio passando da una logica di next best offer a una di client next best offer. La nuova stringa informativa abilita una lettura predittiva di quelli che sono i connotati integrati della customer base. Integrando nel journey le variabili territoriali, le banche hanno un’opportunità unica ovvero essere vicine ai loro clienti.


Conclusione


Concretamente questo comporta la possibilità di andare a leggere prima di tutto in maniera predittiva alcune informazioni che possono essere desunte da dove ogni cliente vive e lavora ogni giorno indentificandone le possibili aree di interesse sulle quali andare a definire un percorso di sviluppo o ad attivare azioni straordinarie di fidelizzazione. “Dimmi dove sei e ti offrirò l’esperienza di cui hai bisogno”. Questo paradigma diviene operativo attraverso una serie di indicatori che consentono di offrire un ecosistema allargato di esperienze che siano effettivamente rilevanti per ogni consumatore. Attraverso questa semplice correlazione le azioni commerciali diventano tangibilmente consistenti per ognuno con una logica personalizzata. Poter sapere dove un cliente vive e conoscere la struttura dell’area geografica nella quale orbita, offre un vantaggio competitivo alle banche. Questo può paradossalmente consentire di ritornare a quella vicinanza che le banche hanno storicamente avuto con i propri clienti e che è andata a ridursi con l’avvento della transazionalità. I messaggi che sono veicolati sui dispositivi mobile, i contenuti ancillari alle proposizioni commerciali di prodotto, azioni specifiche di caring, se correlati al dove e quando diventano un asset molto efficace. Sempre dalla lettura dell’Osservatorio JAKALA si evince come azioni commerciali che fanno leva su questo mix unico vedano un incremento delle performance di conversione del 30% rispetto a campagne costruite con una logica tradizionale. Tali indicatori sono rilevabili soprattutto nelle campagne che hanno l’obiettivo di stimolare l’adozione di strumenti di pagamento, la sottoscrizione di nuovi servizi o l’anticipo di un comportamento di abbandono (ad esempio, mappando la pressione competitiva presente nell’area nella quale sono situati i clienti). Se è vero che questo modello operativo si rivela estremamente efficace nel momento in cui ci si trova a gestire i propri clienti questo non cambia nel momento in cui ci si sposta fuori dalla customer base. Infatti l’applicazione GDPR compliant di modelli costruiti con questa metodologia si confermano efficaci anche nella costruzione di profili su base lookalike andando a indirizzare le campagne di acquisizione sui profili di prospect che hanno delle caratteristiche simili ai clienti della propria base clienti. Questo consente di affinare con maggiore precisione le attività di acquisizione rivolte verso l’esterno massimizzando la conversione degli investimenti. Questo scenario non è lontano rispetto alle effettive possibilità che le banche hanno a disposizione. Infatti oggi, grazie alla maturità raggiunta da parte delle organizzazioni nella gestione delle informazioni sia sotto l’aspetto normativo, sia sotto quello tecnico, è possibile integrare questa dimensione in maniera semplice e con tempi di attivazione brevi. Il risultato è la possibilità perle banche di fare leva su di un asset utile sin dal momento in cui vengono sviluppati i prodotti fino alla loro veicolazione sul mercato riuscendo a rivolgersi a un cliente che non solo è riconducibile a una riga su di un database, ma restituendogli un suo personale dna. A questo punto possiamo concludere che un approccio di questo tipo nei confronti dell’utilizzo delle fonti informative che le banche hanno a disposizione risulta necessario per indirizzare al meglio le azioni di marketing e vendita. Non farlo significherebbe la perdita di una opportunità unica e a portata di mano nella quale la lettura degli elementi già attivi in produzione nel sistema banca con una nuova logica di correlazione, può comportare una precisione molto più puntuale del disegno delle strategie e una attribuzione puntuale dell’efficacia delle azioni, nonché la possibilità unica di ingaggiare il cliente guardando ai piani marketing dalla sua prospettiva