Capita spesso, nell’affrontare l’analisi di un dominio, di trovarsi davanti diverse aree grigie, una “terra di mezzo” nella quale i contorni definiti di SEO e CRO iniziano ad essere più sfumati vedendo una disciplina influenzare l’altra e viceversa.
Potremmo affermare che la separazione netta tra SEO e CRO è il retaggio di un'era che vedeva la SEO come una disciplina strettamente tecnica, focalizzata sugli algoritmi, mentre la CRO affondava le sue radici nella psicologia del marketing e nell'UX.
Oggi, a seguito dell'evoluzione di Google e dei suoi aggiornamenti che premiano l'esperienza sulla pagina e la capacità di soddisfare l'intento di ricerca, vediamo le due discipline convergere su un terreno comune: l'utente.
Google, sempre più intelligente, intuitivo e orientato alla risposta, non premia più solo le pagine con le parole chiave giuste, ma quelle che offrono un'esperienza di alta qualità che è, per definizione, quella che soddisfa l'intento dell'utente in modo rapido ed efficace.
Nei prossimi paragrafi vedremo alcune delle principali zone grigie, come comprenderle e cosa fare per ottimizzarle al meglio.
When in Rome, do as the Romans do
Partiamo dall’elemento alla base di ogni analisi: la fase di ricerca.
Questa è il fondamento di ogni strategia efficace e poggia su due pilastri interconnessi: l'analisi del pubblico e quella delle parole chiave. Tutto parte dalla domanda fondamentale: "per chi stiamo creando questo contenuto?".
L’identificazione di user personas dettagliate, basate su dati demografici, comportamentali e psicografici, è un esercizio strategico che guida sia la SEO, permettendo di ideare contenuti mirati che rispondano a domande reali, sia la CRO, orientando la progettazione di un'esperienza utente emotivamente risonante.
In un contesto in cui è molto facile cadere in supposizioni dettate dai nostri bias, mettersi in una condizione di ascolto attivo è necessario per il successo di qualsiasi strategia. Infatti, è proprio questa profonda comprensione del pubblico a trasformare la ricerca di parole chiave da una caccia a volumi elevati a un'analisi del linguaggio esatto che l’utente usa per esprimere bisogni e desideri; un aspetto ancora più cruciale se prendiamo in considerazione quanto il modo di cercare online stia cambiando, essendo sempre più orientato verso una componente di conversazionalità.
Per la SEO, questo si traduce nell’identificazione di keyword, topic e contenuti di valore per la CRO, fornisce il lessico preciso da usare in titoli e CTA per creare un "message match" immediato.
Per riassumere potremmo affidarci alla saggezza dei detti popolari, “When in Rome, do as the Romans do”, parlare con lo stesso lessico dell’utente rassicura il visitatore, conferma che è nel posto giusto e costruisce la fiducia indispensabile per la conversione. o
Dalla ricerca all’azione: il ruolo cruciale dell’esperienza utente
Ed ecco che ora la relazione tra le due aree diventa ancora meno astratta, quando si tratta di passare all’azione non sono pochi gli elementi condivisi, a partire dall’esperienza utente, passando per la creazione dei contenuti fino ad arrivare al tracking e alla misurazione dei KPI, ma andiamo con ordine.
Un anello per domarli: i Core Web Vitals
Se prima la minaccia era lontana, senza volto e senza nome, ora l'esperienza utente non è più un concetto astratto, ma un insieme di metriche misurabili che hanno un impatto diretto sia sul ranking di ricerca che sui ricavi.
I Core Web Vitals sono i parametri con cui Google valuta l'esperienza reale di un utente su una pagina web, tanto da renderli un fattore decisivo per il posizionamento.
In pratica, Google si pone tre domande:
- Quanto è veloce? (Largest Contentful Paint - LCP)
- Quanto è reattiva? (Interaction to Next Paint - INP)
- Quanto è stabile? (Cumulative Layout Shift - CLS)
L'impatto di queste metriche è duplice e inequivocabile. Per la SEO, un buon punteggio CWV contribuisce a un miglior posizionamento, per la CRO, un sito veloce e stabile è fondamentale per non perdere l'utente prima ancora che abbia la possibilità di convertire.
Design mobile-first
Il secondo punto che dobbiamo affrontare è la consapevolezza che, generalmente (fatta eccezione per alcuni settori molto specifici) la maggior parte del traffico proviene da dispositivi mobili.
Di conseguenza, un approccio "mobile-first" è diventato non negoziabile; Google stesso utilizza l'indicizzazione mobile-first, il che significa che la versione mobile del sito è quella di riferimento per il ranking.
Tanto per la SEO quanto per la CRO, un'esperienza mobile scadente è un ostacolo decisamente rilevante per le conversioni, scegliere di confidare nella pazienza dell’utente potrebbe non essere una scelta strategica per una semplice ragione: la soglia dei 3 secondi.
In pratica, la probabilità che un utente abbandoni una pagina aumenta del 32% se il tempo di caricamento passa da 1 a 3 secondi mentre, se un sito mobile impiega più di 3 secondi per caricarsi, il 53% dei visitatori lo abbandona.
Orientare l’utente nello spazio: l’architettura del sito
Il concetto di base dietro l’importanza di un’architettura ben strutturata è semplice: senza una mappa chiara e strade ben definite, qualsiasi visitatore, sia esso umano o bot, si perderebbe, ignorerebbe intere sezioni e non capirebbe quali sono le pagine più importanti.
L'architettura del sito è quindi il punto in cui gli obiettivi di macchine e umani si allineano perfettamente: un sito facile da capire per un utente è, per definizione, un sito facile da interpretare per un motore di ricerca.
Per la SEO, una struttura chiara permette ai motori di ricerca di scansionare tutte le pagine in modo efficiente (crawlability), di interpretarne la gerarchia e di distribuire correttamente il valore tra di esse. Parallelamente, per la CRO, la stessa struttura guida l'utente in modo intuitivo, riducendo lo sforzo mentale, creando percorsi chiari e costruendo la fiducia necessaria per accompagnarlo senza ostacoli verso la conversione.
Contenuto che attrae e converte
L’ultimo punto che affronteremo in questo articolo riguarda il punto d'incontro strategico dove la pertinenza richiesta dalla SEO si fonde con la persuasione indispensabile per la CRO.
L’ottimizzazione contenutistica, infatti, inizia ancora prima che l'utente visiti il sito, direttamente nella SERP. Qui, titoli e meta description agiscono come una vetrina: devono unire l'ottimizzazione SEO (parole chiave, lunghezza corretta) a un copy persuasivo (CRO) per massimizzare il Click-Through Rate (CTR) dalla pagina di ricerca. Una volta sul sito, il copywriting della landing page prosegue il lavoro confermando la pertinenza a Google grazie a testi chiari, scansionabili e convincenti per guidare l'utente verso la conversione. È un percorso fluido dove la pertinenza genera il click e la persuasione l'azione.
Alla fine di tutte queste parole e dopo il nostro viaggio attraverso punti d’incontro e di dialogo tra queste discipline, il concetto da portare a casa è uno, SEO e CRO non sono avversari in competizione per le risorse, ma partner strategici in un processo unificato che mette al centro l'utente, operando sugli stessi elementi digitali e alimentandosi a vicenda in un ciclo continuo di ottimizzazione.