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Come capire se il tuo sito piace a Google

5 minuti di lettura

Pubblicato su 7 luglio 2025

Come capire se il tuo sito piace a Google
Non basta esserci: per piacere a Google servono struttura, contenuti di qualità e autorevolezza. E anche un pizzico di Intelligenza Artificiale.

Come capire se il tuo sito è valorizzato da Google 

Sicuramente ti sarai chiesto almeno una volta: “Il mio sito è amico di Google?”. In altre parole, stai facendo tutto il possibile per far sì che Google lo riconosca come utile, autorevole e ben strutturato? 

In questo articolo capirai se il tuo sito risponde alle esigenze del motore di ricerca che (ancora ma per ora) è leader di mercato, con consigli pratici, strumenti utili e qualche informazione sulle nuove tecnologie AI che possono aiutarti nel processo.

Perché si parla ancora di Google come motore di ricerca principale 

Nonostante l’avanzata dell’intelligenza artificiale e l’attenzione crescente verso chatbot come ChatGPT e assistenti vocali, la ricerca su Google resta una delle attività digitali più frequenti per gli utenti. I dati confermano1 che Google non solo mantiene il primato nel numero di ricerche, ma continua a crescere in volume anche e proprio grazie all’integrazione di feature legate all’AI, come AI Overview ufficializzata in Europa a marzo 2025. 

(Solo) tre aspetti da considerare e di ricerca principale 

Quando si parla di ottimizzazione SEO, è facile perdersi in centinaia di tecnicismi. Tuttavia, per capire se il tuo sito è davvero amico di Google, bastano tre elementi chiave: la salute tecnica, la qualità dei contenuti e l’autorità costruita attraverso i link. Concentrarsi su questi aspetti ti aiuta a coprire le basi e migliorare il posizionamento senza complicarti troppo la vita. 

La salute tecnica del sito è la base di tutto

Un sito web tecnicamente solido è la condizione indispensabile per piacere a Google e per offrire un’esperienza positiva agli utenti. Senza una buona struttura tecnica, anche i contenuti migliori rischiano di non essere indicizzati correttamente o di penalizzare la posizione nelle SERP (Search Engine Results Page). 

Ecco cosa devi controllare: 
  • Velocità di caricamento: un sito lento frustra gli utenti e aumenta il tasso di abbandono. Google considera la velocità un fattore di ranking, perciò è essenziale ottimizzare immagini, ridurre script inutili e sfruttare la cache del browser. 

  • Mobile-friendly: oggi più del 60% del traffico web proviene da dispositivi mobili2. Google utilizza l’indicizzazione “mobile-first”, cioè valuta prima la versione mobile del sito. Assicurati che il tuo sito si adatti perfettamente a schermi di varie dimensioni.

  • URL semplici e strutturati: URL chiari, brevi e descrittivi aiutano sia Google sia gli utenti a comprendere il contenuto della pagina. Evita URL lunghi con parametri inutili.

  • Sitemap XML e file robots.txt: La sitemap aiuta Google a scoprire e indicizzare tutte le pagine, mentre il file robots.txt gestisce quali parti del sito devono essere scansionate o escluse.

  • Errori di scansione: pagine con errori 404 o link rotti danneggiano la SEO e l’esperienza utente. Usare strumenti come Screaming Frog SEO Spider ti permette di individuare e correggere questi problemi in modo sistematico.

  • Internazionalizzazione: la presenza di implementazioni specifiche, come il tag <heflang>, nel caso di siti multi-lingua è la chiave per una presenza coerente della corretta versione del sito per l’audience di riferimento. 

Perché è importante? 

Perché anche il sito migliore per contenuti e UX/UI se non è completamente accessibile tecnicamente è come fosse invisibile. O anche, perché un sito lento non è un sito che fidelizza. O ancora, perché la versione sbagliata proposta all’audience giusta crea frustrazione. E infine, perché pagine inutili che compongono il sito diluiscono l’attenzione di Google verso risorse strategiche. 

Contenuti di qualità e perché è sempre valido affermare che “Content is King”  

Il detto “Content is King” resta una delle verità fondamentali della SEO, anche dopo tanti anni di disciplina. Google vuole premiare siti che forniscono contenuti originali, approfonditi e che rispondono realmente alle esigenze degli utenti. 

Cosa significa concretamente offrire contenuti di qualità? 
  • Originalità: evita contenuti copiati o duplicati. Google penalizza i siti che non apportano valore unico.

  • Approfondimento: cerca di trattare i temi in modo esaustivo, anticipando le domande che gli utenti potrebbero avere.

  • Chiarezza: usa un linguaggio semplice e diretto, suddividendo il testo in paragrafi brevi e leggibili.

  • Organizzazione: titoli (H1, H2, H3), grassetti e liste puntate aiutano a mettere in evidenza i punti chiave e migliorano la scansionabilità.

  • Aggiornamenti regolari: i contenuti freschi sono preferiti da Google e mostrano che il sito è attivo e curato. Ma ricorda, dipende dalla natura del business e dalla tipologia di topic!

Benefici di contenuti di qualità: 

  • Maggior tempo di permanenza sul sito da parte degli utenti.

  • Più condivisioni e backlink naturali.

  • Riduzione della frequenza di rimbalzo.

  • Migliore posizionamento nei risultati di ricerca. 
Creare contenuti efficaci non significa solo inserire keyword, ma offrire informazioni utili che soddisfino l’intento di ricerca, soprattutto in questo periodo di cambiamento orientato ai/dai modelli LLM e alle ricerche conversazionali. 

Valorizzare il network digitale con i link

I link, sia interni che esterni, sono uno degli elementi più potenti per migliorare la SEO e la reputazione online. 

Perché i link sono così importanti? 
  • Backlink (link esterni): Google li interpreta come voti di fiducia. Un sito che riceve link da fonti autorevoli acquisisce maggiore credibilità e autorità agli occhi dei motori di ricerca.

  • Qualità vs quantità: non tutti i link sono uguali. Meglio pochi link da siti rilevanti e affidabili che tanti link da siti spam o di bassa qualità, che possono causare penalizzazioni.

  • Link interni: collegare tra loro le pagine del sito aiuta Google a scoprire tutti i contenuti e a capire quali sono i più importanti. Inoltre migliora la navigazione degli utenti, guidandoli lungo un percorso coerente. E, neanche a dirlo, anche in questo caso i benefici si registrano non solo per l’Authority del sito e il suo consolidamento ma anche per essere rilevante all’interno dell’ecosistema degli agenti intelligenti. 

Il Toolkit per ogni buon SEO: gli strumenti indispensabili  

Per fare SEO (bene) oggi è necessario saper leggere i segnali che Google interpreta, nonché rimanere aggiornati sulle novità dell’ecosistema entro cui si muove e degli strumenti che possono essere sfruttati: si tratta di una materia in continua trasformazione. 

Ecco alcuni degli strumenti fondamentali da avere nella tua cassetta degli attrezzi: 

  • Google Search Console – indispensabile per monitorare copertura, indicizzazione, performance su mobile e presenza nei risultati.

  • Screaming Frog SEO Spider – il miglior alleato per effettuare audit tecnici su larga scala: trova errori di scansione, redirect, duplicazioni, tag mancanti e verifica il comportamento del sito lato SEO.

  • PageSpeed Insights & Lighthouse – offrono un’analisi dettagliata sui Core Web Vitals e su eventuali problemi di caricamento legati al frontend.

  • GTmetrix – utile per affiancare gli strumenti Google, con dati pratici su tempi di risposta, richieste al server e impatto degli elementi in pagina.

  • Google Trends – perfetto per analizzare la stagionalità delle ricerche e confrontare volumi su temi e keyword.

  • Semrush – suite completa per keyword research, audit, tracking delle SERP, analisi competitiva e molto altro.

  • Ahrefs – eccellente per il monitoraggio del profilo backlink, la ricerca di contenuti ad alta performance e l’esplorazione di siti competitor. 

Ma oltre agli strumenti, resta fondamentale la capacità critica di leggere e interpretare i dati, valutare priorità, e parlare un minimo il linguaggio del codice: per riconoscere un <h1> mal posizionato, un <noindex > inaspettato o un file JS che blocca il rendering. In altre parole, la tecnologia serve, ma la comprensione fa la differenza. 

Come l’AI sta modificando le modalità di ottimizzazione e monitoraggio 

Lo abbiamo detto, lo stiamo vivendo: l’AI sta cambiando il modo in cui facciamo ricerche ma non solo, i motori di ricerca la stanno adottando per creare metodi di valutazione sempre più sofisticati andando ben oltre il concetto tradizionale di “keyword”. 

Ma cosa è cambiato nell’approccio alla materia e quanto dei must di questo articolo potrebbe modificarsi con il tempo? Come ogni buon SEO direbbe, “dipende”. 
 
Quel che è certo è che l’ottimizzazione oggi non può più limitarsi a rispondere a un intento di ricerca espresso in modo letterale. L’AI, integrata nei motori e nei tool SEO, sposta il focus verso entità, relazioni semantiche e segnali comportamentali. La comprensione del contesto, della pertinenza e della credibilità diventa centrale, così come la capacità di adattarsi a un ecosistema in continua evoluzione, dove il posizionamento non è più statico ma fluido – ed eccoci sempre più parlare di SERP fluttuante. 
 
Parallelamente, anche le modalità di lettura dei dati stanno cambiando: stiamo passando da metriche basate su clic e posizionamenti a indicatori più sfumati, che richiederanno nuovi KPI per valutare la visibilità e l’impatto. Ad esempio, la distinzione tra menzioni e citazioni — storicamente rilevante nella link building — potrebbe acquisire nuove forme di valore: una menzione in un contesto autorevole, anche senza link diretto, può contribuire alla costruzione della reputazione e alla visibilità nei risultati generati dall’AI. 
 
Questo implica una revisione di alcune tecniche SEO classiche, che però non vanno abbandonate, ma reinterpretate alla luce dei nuovi paradigmi. L’esperienza maturata resta fondamentale: serve per capire dove stanno andando gli algoritmi e come allineare contenuti e segnali off-site alle aspettative di un motore che ragiona sempre più “come una persona”. E in questo scenario chi riuscirà a unire metodo, creatività e capacità di lettura evolutiva dei dati sarà un passo avanti. 
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Eleonora Maran

SEO Manager

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